Il Visual Journal come buona pratica per allenare le competenze visive

Se il language journal, descritto da @michela.redolfi rappresenta una pratica efficace per quanto riguarda l’apprendimento delle lingue, lo è altrettanto il visual journal. In particolare, si tratta di un quaderno (fisico o digitale) in cui si possono allenare le proprie competenze visive attraverso osservazione, disegno, collage e brevi note riflessive.

Cos’è un visual journal (e perché non è “solo uno sketchbook”)

A differenza dello sketchbook tradizionale, focalizzato soprattutto sulla tecnica e sugli esercizi di disegno, il visual journal è pensato come spazio ibrido costituito da immagini e parole in cui si documentano processi, intuizioni e domande.​
Può includere schizzi veloci, fotografie stampate, ritagli, mappe concettuali, appunti sul colore o sulla composizione: l’obiettivo non è l’estetica del disegno, ma rendere visibile il proprio modo di vedere.

A questo proposito, una recente ricerca mostra che i visual journal rafforzano competenze di visual thinking, visual literacy e capacità di riflessione critica.
Per approfondire qui

Cosa si può fare in un visual journal?

Qualche idea concreta per trasformarlo in una pratica quotidiana (o settimanale):

  • Annotare osservazioni su un’opera d’arte (o un dettaglio) vista in museo, online, per strada: cosa noti, cosa ti colpisce, cosa non capisci.​
  • Fare mini-studi su elementi visivi: pagine dedicate solo a luce, ombre, texture, gesti, inquadrature, colori dominanti.​
  • Usare collage e immagini trovate (pubblicità, social, packaging) per riflettere su come le immagini costruiscono significati e narrazioni.​
  • Registrare il “dietro le quinte” di un progetto: bozze, prove, domande, ripensamenti, decisioni prese e abbandonate.​
  • Mappare connessioni: creare schemi e mappe visive tra artisti, opere, temi, contesti (es. “corpo”, “città”, “memoria”).

Spunti operativi per la didattica

  • Proporre un mini visual journal mensile con un focus preciso (es. “dettagli nascosti”, “corpi in movimento”, “spazi pubblici”).

  • Integrare semplici routine di osservazione come See–Think–Wonder: cosa vedo? cosa penso? cosa mi chiedo? Le risposte finiscono nel journal, in forma visiva e testuale.​

  • Usare il journal come strumento di metacognizione visiva: “come ho guardato?”, “cosa mi ha aiutato a capire meglio un’immagine?”, “quali elementi mi sfuggono sempre?”.​

  • Organizzare momenti di condivisione selettiva: si mostrano solo alcune pagine e si parla di strategie di osservazione, non di contenuti personali.​

Tu l’hai mai provato in classe? :wink:

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