Dalla Xilografia del XVII Secolo al "Brain Rot" moderno: un viaggio nel tempo dei meme e dell'AI

:deciduous_tree: Le Radici Storiche: Le Xilografie del XVII Secolo come Proto-Meme

Ispirato dalle riflessioni di Katie Sisneros nel suo articolo “Early Modern Memes: The Reuse and Recycling of Woodcuts in 17th-Century English Popular Print” e dalle considerazioni di Francesco D’Isa in “Storia naturale del Brain Rot”, questo post esplora come l’antica pratica del riutilizzo delle xilografie nel XVII secolo trova un sorprendente parallelo nella cultura del meme odierna.

Nel XVII secolo, gli stampatori inglesi erano soliti riutilizzare le xilografie (woodcuts) per illustrare una vasta gamma di pubblicazioni popolari. Queste immagini, incise su blocchi di legno, rappresentavano un investimento considerevole in termini di tempo e materiali, il che spingeva i tipografi a sfruttarle ripetutamente.

:fire: Xilografie come Proto-Meme: Molte xilografie venivano utilizzate in contesti molto diversi, assumendo nuovi significati a seconda del testo che accompagnavano. Ad esempio:

  • :waving_hand: Il “how-de-do man” poteva essere un filosofo, un innamorato gioviale o un antagonista crudele.
  • :crown: Il “sovereign” poteva rappresentare re, figure religiose o concetti astratti come la sovranitĂ  stessa.
  • :man_walking: Il “walking stick man” variava da simbolo del peccato a icona di conforto per i poveri.

In un mondo privo di copyright, queste immagini si diffondevano liberamente, generando un “pantheon di testi precedenti” in cui ogni nuova apparizione di un’immagine arricchiva il suo significato.

:chart_increasing: Dalla Stampa Popolare ai Meme Moderni

Oggi, la cultura dei meme di Internet riflette una dinamica simile. Proprio come le xilografie, immagini generiche come il famoso meme del “Distracted Boyfriend” assumono nuovi significati in base al contesto testuale in cui vengono inserite.

:counterclockwise_arrows_button: Creatività Distribuita: Vlad Petre Glăveanu, Professore Ordinario di Psicologia e Direttore del DCU Centre for Possibility Studies presso la Dublin City University descrive questo fenomeno come “creatività distribuita”, dove la produzione di significato è collettiva, coinvolgendo:

  • :people_holding_hands: Attori (chi crea e diffonde)
  • :framed_picture: Artefatti (immagini, meme, IA)
  • :globe_with_meridians: Pubblico (che interpreta e rielabora)
  • :high_voltage: Affordance (possibilitĂ  tecnologiche e culturali)
  • :mantelpiece_clock: TemporalitĂ  (significati che evolvono nel tempo)

:robot: “Brain Rot” e Memetica Digitale

Il concetto di “Brain Rot”, in particolare nella sua variante “Italian Brain Rot” su TikTok, ne è un esempio perfetto. Clip brevi con voci sintetiche, immagini generate dall’IA e contenuti nonsense si diffondono viralmente, incarnando la creatività distribuita.

:magnifying_glass_tilted_left: Ma chi crea davvero questi contenuti? Esattamente come nel XVII secolo, non esiste un autore unico: l’intelligenza artificiale è solo uno strumento, parte di un processo collettivo.

:globe_with_meridians: Una ContinuitĂ  Culturale

Dalla xilografia del XVII secolo al meme su Instagram, il principio rimane invariato: un’immagine può essere riutilizzata e reinterpretata innumerevoli volte, caricandosi di nuovi significati.

Questo parallelismo tra xilografie e meme ci ricorda l’importanza dell’alfabetizzazione visiva, ossia la capacità di leggere e interpretare i significati veicolati dalle immagini. Che si tratti di un’antica xilografia o di un meme digitale, ogni immagine è un linguaggio che comunica idee, emozioni e valori. Comprendere questo linguaggio significa essere in grado di decodificare non solo i contenuti visivi del passato, ma anche quelli che incontriamo ogni giorno nel nostro mondo digitale.

A questo proposito, vorrei sapere cosa ne pensa @serena.marrandino grande esperta di Media Education :wink:

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