Nuove tendenze nella ricerca di informazioni online

“Lo chiedo a ChatGPT” è una delle frasi che ultimamente sentiamo più spesso. Con la crescente popolarità degli assistenti AI, sempre più utenti si rivolgono a queste piattaforme per trovare risposte rapide. Ma cosa significa questo per il futuro della ricerca online e per il predominio di Google? ​Ci è infatti sorta questa domanda: ChatGPT può davvero sostituire Google, il motore di ricerca per eccellenza? E se sì, come potrebbero adattarsi gli strumenti di IA alle logiche pubblicitarie che sostengono la produzione editoriale?​

Secondo il rapporto “Google vs ChatGPT Market Share: 2025 Report” pubblicato da First Page Sage ad agosto 2025, Google mantiene una posizione dominante nel mercato globale delle ricerche online, processando circa l’81,6% di tutte le query digitali a livello mondiale. ChatGPT rappresenta ormai il 9% del volume complessivo delle ricerche, affermandosi come il principale competitor tra i motori di ricerca basati su intelligenza artificiale, mentre il restante 7,4% viene spartito tra altri player come Bing, Perplexity e altri assistenti AI. Questi dati mettono in evidenza come la crescita esponenziale delle richieste rivolte a ChatGPT degli ultimi anni abbia ridotto il divario con Google, pur confermando la leadership globale di quest’ultimo per quota assoluta di ricerche online. Nella pratica, gli utenti talvolta si sovrappongono nell’uso di entrambi, utilizzando ChatGPT per approfondimenti e Google per ricerche rapide o contestuali.​

Le preferenze degli utenti variano a seconda dell’età e del tipo di ricerca. Uno studio di Evercor ISI ha rivelato che il 55% della Generazione Z e il 50% dei Millennials negli Stati Uniti utilizzano ChatGPT, soprattutto per ricerche che richiedono risposte sintetiche e immediate. Tuttavia Google rimane centrale per ricerche che richiedono aggiornamenti in tempo reale, notizie, e fonti altamente affidabili. In questo senso, ChatGPT non sostituisce Google, ma ne amplia le modalità di ricerca.​

Per adattarsi a questi cambiamenti, a marzo 2025 Google ha introdotto in Italia AI Overview, che fornisce sintesi di contenuti direttamente nelle pagine di ricerca. Questo strumento sta però avendo un impatto enorme sul traffico verso i siti editoriali, con una riduzione fino al 25% del traffico e delle entrate pubblicitarie, come evidenziato da Salvatore Aranzulla in un’intervista. La Federazione Italiana Editori e Giornalisti ha definito AI Overview un «traffic killer» in un reclamo formale all’Agcom, sostenendo che Google sottrae visibilità e ricavi agli editori, mettendo a rischio la sostenibilità economica e la diversità dei media, con rischi per la trasparenza e l’informazione democratica.​ Inoltre la recente introduzione di AI Mode nel motore di Google non può che accentuare questa tendenza.

Sembra opportuno notare che i problemi per gli editori precedevano l’introduzione di AI Overview, dato che l’uso di ChatGPT e altre AI ha già inciso enormemente sul traffico e sui ricavi pubblicitari. Per far fronte a queste criticità, sono nate proposte come quelle di Perplexity AI, che ha introdotto un programma da 42,5 milioni di dollari per condividere i ricavi con gli editori in base all’uso dei loro contenuti da parte dell’AI. Tuttavia, restano dubbi sulla trasparenza e sull’effettiva efficacia di questi modelli.​

Ad oggi, sostituire completamente Google con AI come ChatGPT appare molto remoto. Tuttavia, è innegabile che l’avvento e la diffusione degli strumenti di IA generativa abbiano rivoluzionato la ricerca online, aprendo nuovi scenari di sviluppo e ponendo opportunità e soprattutto sfide per editori, utenti e modelli di business.​

Rimane aperto il dibattito su come bilanciare innovazione tecnologica, sostenibilità dell’informazione e dinamiche economiche: riusciranno le AI a integrarsi con il mondo dell’editoria senza comprometterne la diversità e la qualità?

Dicci cosa ne pensi nei commenti.

Articolo molto interessante, su un tema emergente che influenzerà in maniera rilevante il nostro modo di navigare e ricercare informazioni sul web. Tra l’altro Google ha messo fine a un progetto che aveva come scopo quello di fornire un’alternativa ai cookies e all’advertising relativo, che però quasi nessuno ha voluto adottare: Privacy Sandbox è morto. Google mette fine al progetto sulla pubblicità “senza cookie” | DDay.it

Google ha inventato un modello di business a cui tutti si sono adeguati e con cui bisogna fare i conti ogni volta che si propone una novità che riguarda tale meccanismo pubblicitario e informativo del web.