La Musica sta diventando "più politica?"

Un interessante articolo su Stat Significant ci fa capire come con la Data Science possiamo provare a rispondere a diverse domande, e come quindi questa disciplina ci possa aiutare a trovare riposte che non sono interessanti solo per i matematici.

In particolare, l’autore dell’articolo di cui parliamo oggi, usa la Data Science per cercare di rispondere alla domanda se negli ultimi anni ci sia stato un incremento di temi politici nei brani musicali prodotti dalle principali etichette discografiche (le major).

Per rispondere alla domanda l’autore ha sviluppato un indicatore chiamato “political density” che contava il numero di parole “politiche”, quali ad esempio: “giustizia”, “rivoluzione", “uguaglianza”, presenti nei testi delle canzoni esaminate. Il risultato di questa analisi mostrava un picco dei testi politici nei tardi anni ‘70 e poi un continuo declino fino agli anni 2010 in cui c’è stata una modesta ripresa, mantenendosi tuttavia molto lontani dai massimi storici.

Per approfondire il motivo di questo trend, l’autore ha studiato il “political density” tra diversi generi musicali, scoprendo come il rock sia il genere che più propone testi politici e il pop sia quello che ne propone meno. Un’analisi temporale mostra come negli anni ‘80 il rock fosse largamente il genere più popolare, perdendo pian piano il suo primato in favore di hip-hop e pop. Sicuramente il cambiamento del gusto musicale può spiegare una parte del fenomeno del decremento dei testi politici, ma da solo non spiega tutta la storia. Infatti, guardando alla classifica di Billboard, che ogni settimana riporta la classifica delle 100 canzoni più popolari in America, il picco di temi politici nelle 100 canzoni più popolari lo ritroviamo intorno agli anni ‘70 per poi subire un rapido declino sebbene, come abbiamo detto, il rock abbia il suo picco massimo di popolarità negli anni ‘80.

Sulla base di questi dati l’autore è andato a ricercare la spiegazione del declino dei testi politici in alcuni fenomeni socio-economici accaduti intorno agli anni ‘70. In particolare l’autore propone che alla base del declino ci possano essere:

  • la scomparsa, in quegli anni, di molte etichette discografiche in favore di etichette più grandi che diventavano quasi monopoli.

  • l’ascesa di MTV, la quale favoriva video accattivanti e musica accessibile e quindi incentivava gli artisti a non creare musica divisiva.

  • la disillusione post-Vietnam e lo spostamento politico dell’occidente verso il conservatorismo, situazione politica che faceva crescere l’idea che l’arte dovesse rimanere separata dalla politica.

Similmente l’autore suggerisce che il leggero incremento a cui stiamo assistendo dopo gli anni 2010 possa essere quindi favorito dalla diffusione della musica in streaming e dalla instabile situazione politica.