“La lingua non è mai neutra” – così titola l’articolo pubblicato ieri su Alley Oop – Il Sole 24 Ore, che analizza il dibattito sollevato dalla circolare ministeriale contro l’uso di asterischi e schwa nei documenti scolastici.
Ma attenzione: al di là dei titoli sensazionalistici, nessun divieto è stato imposto. Come chiarisce il linguista Michele Cortelazzo in un post Instagram della sua pagina @lalinguisticapertutti, la circolare non vieta, ma raccomanda di attenersi alla lingua italiana standard, anche in ambito inclusivo.
Si tratta di una presa di posizione che ha valore soprattutto simbolico, e che sembra rispondere più a un bisogno politico e identitario che a una reale emergenza linguistica (le segnalazioni nelle scuole sono state pochissime).
Lo schwa, spiega Vera Gheno in un articolo pubblicato su Domani, è una pietra d’inciampo linguistica: non pretende di risolvere tutto, ma obbliga a fermarsi e a riflettere. Il suo uso – come quello dell’asterisco – apre uno spazio per discutere pubblicamente di ciò che di solito diamo per scontato: il potere delle parole.
L’uso di forme nuove – anche se non ancora “accettate” – ha una funzione culturale e sociale: portare il dibattito sulla lingua dentro la lingua stessa. Usarle significa, già nel gesto, rivendicare uno spazio e rendere visibili istanze che altrimenti resterebbero ai margini.
Come affronti questo tema in classe? Hai mai discusso con i tuoi studenti l’uso del linguaggio inclusivo?