A fine settembre Il Guardian raccoglie l’attacco di alcuni genitori del Regno Unito che denunciano un evento assai spiacevole: diverse fotografie delle proprie figlie minorenni sono state utilizzate da Meta come immagini per una campagna pubblicitaria rivolta a utenti maschi di Instagram oltre i 35 anni di età, come post che invitano a iscriversi alla più recente piattaforma di social networking Threads. Le foto ritraggono le ragazze in uniforme, con volto visibile e molto spesso col nome leggibile.
Tutte le foto utilizzate per questi contenuti sponsorizzati, sono state realizzate dai genitori stessi durante il primo giorno del nuovo anno scolastico e pubblicate sui propri profili Instagram. Per cui la risposta ufficiale di Meta è stata che nessun termine o condizione d’uso è stata infranta, in quanto le foto provenivano da account di persone adulte, che potevano essere utilizzate da Meta stessa per i propri scopi commerciali.
Quello che però è stato fatto notare anche da utenti che hanno visto nel proprio feed tali foto, è lo sfruttamento di immagini di ragazze minorenni in gonna, con nome e cognome visibili, per pubblicizzare dei contenuti rivolti ad adulti maschi. Meta ha risposto che gli utenti dovrebbero fare scelte consapevoli nelle impostazioni del proprio profilo di social networking e recentemente ha introdotto dei nuovi strumenti di parental control PG-13 in Instagram, ad indicare il proprio interesse a tutela dei minori sulle proprie piattaforme.
Senza entrare nei cavilli legali della questione, sembra comunque interessante notare come lo strumento PG-13 proposto recentemente da Meta, non risponda direttamente a quanto emerso dalla campagna pubblicitaria denunciata dal Guardian: i genitori del caso, dicono che, al di là di quanto permesso o meno da leggi e termini e condizioni d’uso, Meta non dovrebbe proprio utilizzare immagini di ragazze under 18 per promuovere le proprie piattaforme tramite campagne pubblicitarie mirate a un pubblico maschio adulto. La proposta di strumenti di parental control per ciò che i propri figli possono o non possono vedere o fare su Instagram, non ha nulla a che vedere con le strategie di marketing dell’azienda stessa. E in merito al caso specifico, Meta non si è più espressa.
Stiamo forse vivendo una nuova fase di consapevolezza del valore delle immagini dei nostri profili online? C’è forse ora maggiore consapevolezza rispetto a qualche anno fa?
E andando oltre, c’è forse bisogno di nuove leggi che riescano a rappresentare i nuovi bisogni emergenti da parte dei navigatori del web e degli utenti dei social media?
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