Il segreto dell’apprendere bene? Cambiare il modo in cui lo pensiamo

Immaginate uno studente che entra in classe convinto che imparare significhi semplicemente memorizzare una lista di date, regole o definizioni. Non sorprende che, di fronte alla complessità di un problema o alla necessità di riflettere più a fondo, si scoraggi facilmente.

Dobbiamo ricordare che il vero nodo sta nel modo in cui gli studenti pensano al proprio apprendimento. Non è solo questione di quante ore passano sui libri o di quanto siano bravi a ripetere: le loro convinzioni su che cosa significhi imparare fanno la differenza tra un sapere superficiale e una conoscenza duratura.

Molti ragazzi credono che capire significhi avere subito la risposta giusta. In realtà, l’apprendimento cresce nelle zone grigie: nei dilemmi senza soluzioni facili, nelle domande che costringono a ragionare. Ecco perché, come insegnanti, possiamo proporre casi ambigui, problemi complessi, attività che mettano in gioco punti di vista diversi.

Inoltre, imparare davvero richiede lentezza: tornare sugli argomenti, ripensarli, collegarli. Uno studente che si accorge di non capire al primo colpo non deve sentirsi “stupido”: deve sapere che sta percorrendo la strada giusta. Noi possiamo incoraggiarlo dando spazio alla riflessione e alla revisione.

Pensiamo anche a quante volte gli studenti dicono “ho capito” come se fosse la fine del percorso? In realtà, ogni nuova comprensione apre altre domande. In classe possiamo coltivare questa mentalità chiedendo, ad esempio: “Cosa ti sorprende adesso che prima non avevi notato?” o “In che modo la tua idea è cambiata rispetto all’inizio?”.

E per finire spesso gli studenti (ma anche gli adulti) pensano che la conoscenza stia tutta nell’insegnante o nel manuale. Ma l’apprendimento autentico si nutre anche di esperienze personali, del confronto con i compagni, della curiosità di esplorare fonti diverse. Per questo diventa essenziale valorizzare il lavoro di gruppo, il peer learning e la ricerca autonoma.

Se i nostri studenti iniziano a pensare all’apprendimento in questo modo, diventano più resilienti, più autonomi e più profondi nel sapere. Non significa stravolgere il nostro insegnamento, ma portare l’attenzione non solo su cosa imparano, ma su come pensano di imparare.

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