La crisi d’impresa raramente esplode da un giorno all’altro: di solito è un processo che lascia tracce nei dati. Qui entra in gioco la cosiddetta formula INPS, un sistema in via di affinamento che incrocia variabili oggettive — regolarità dei versamenti contributivi, flussi IVA, fatturato e struttura occupazionale — per assegnare a ogni azienda uno score di rischio. Non è una sentenza: è segnalazione preventiva che aiuta imprese e professionisti ad intervenire in tempo, trasformando adempimenti spesso “burocratici” in indicatori strategici per credito, fornitori e stakeholder.
Opportunità. Usata bene, l’IA consente:
-
diagnosi precoce (anticipare piani di ristrutturazione o accordi coi creditori)
-
trasparenza verso banche e partner con monitoraggi documentati;
-
supporto alla continuità (giustificare sospensioni, rateazioni, rinegoziazioni) basandosi su dati, non impressioni.
Rischi da gestire. Tre in particolare:
- falsi allarmi (ritardi o stagionalità scambiati per crisi strutturale),
- effetto reputazionale (l’etichetta “a rischio” spaventa i partner)
- asimmetria informativa (algoritmi “scatola nera” che l’azienda non sa leggere né contestare).
Per trasformare i rischi in opportunità servono: alfabetizzazione digitale e explainability. Serve quindi che le imprese imparino a leggere i dati che alimentano l’algoritmo e che siano in grado di capire quali fattori portano l’algoritmo a valutarle come “a rischio” o “non a rischio”. Molte imprese faticano a leggere correttamente i proprio dati, per questo risulta fondamentale avviare processi che mettano i responsabili aziendali in condizione di capire: quali dati entrano nell’algoritmo; come possono essere interpretati; quali azioni correttive si possono adottare per migliorare lo score.
In un mercato data-driven, la competenza di interpretazione non è un “plus”: è ciò che permette di sfruttare le opportunità che i dati offrono invece di subirne passivamente le conseguenze.